«Passa l’apparenza di questo mondo»
Il Mantello della Giustizia – Febbraio 2024
di Stefano Tarocchi · Nel capitolo 7 della prima lettera ai Corinzi, Paolo risponde ad alcune questioni che gli vengono poste dalla chiesa della metropoli di Corinto: si tratta delle persone sposate, del matrimonio fra cristiani e pagani, di chi non è sposato, e ancora altre questioni che sono collegate. Qui non vogliamo entrare in queste questioni così complesse e di non facile interpretazione all’interno del linguaggio paolino.
C’è però un passaggio sul quale vogliamo attirare l’attenzione di chi avrà la pazienza di leggere. Si tratta del passaggio in cui Paolo afferma: «il tempo si è fatto breve», per aggiungere poi «passa l’apparenza di questo mondo (1 Cor 7,31). La CEI oggi traduce “figura”; nella versione del 1974 rendeva “scena”. Lo stesso termine si trova nella lettera ai Filippesi, dov’è tradotto in altro modo: «pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò sé stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. Dall’aspetto riconosciuto come uomo, umiliò sé stesso facendosi obbediente fino alla morte» (Fil 2,6-8).
«Il tempo si è fatto breve»: nella lingua greca, il termine usato per definire il tempo non si riferisce ad una semplice cronologia, di fatto senza limiti, ma si riferisce al tempo nel senso della sua qualità: il momento opportuno perché accada un evento.
Anche il verbo usato per definire la brevità significa “contrarre”, “ridurre la dimensione”. Sembra tratto dal linguaggio della navigazione: Paolo usava sempre espressioni vicine all’esperienza dei suoi destinatari, e Corinto era posta in una posizione geografica ideale per comprendere questo linguaggio. L’apostolo indica l’azione di «raccogliere una o più vele presso il pennone, usando gli imbrogli (apposite funi predisposte a questo scopo), per poterle poi serrare, ossia sottrarle in gran parte all’azione del vento» (Dizionario della Navigazione).
L’apostolo, dando insegnamenti ai cristiani di Corinto, li sta guidando ad interpretare la loro esistenza nella certezza dell’imminente ritorno del Cristo glorioso.
Ecco spiegato anche il senso dei due versetti successivi: «d’ora innanzi, quelli che hanno moglie, vivano come se non l’avessero; quelli che piangono, come se non piangessero; quelli che gioiscono, come se non gioissero; quelli che comprano, come se non possedessero; quelli che usano i beni del mondo, come se non li usassero pienamente».
Le vicende umane sono del tutto transitorio, come lui spiega ulteriormente quando dice: «passa l’apparenza di questo mondo».
L’espressione che Paolo usa non è l’equivalente del termine “mondo”: l’espressione «esprime l’aspetto esteriore, tutto ciò che può essere percepito dai sensi» nella realtà in cui viviamo. Tutto questo «può cambiare, e cambia, di stagione in stagione, anche se il mondo stesso rimane» (Robertson-Plummer). Come dicevano gli antichi (forse Seneca?), «passa l’immagine esterna del mondo, non la sua natura, come se il mondo si trasformasse in un’altra dimensione».
Dopo questa affermazione, Paolo così prosegue: «io vorrei che foste senza preoccupazioni: chi non è sposato si preoccupa delle cose del Signore, come possa piacere al Signore; chi è sposato invece si preoccupa delle cose del mondo, come possa piacere alla moglie, si trova diviso! Così la donna non sposata, come la vergine, si preoccupa delle cose del Signore, per essere santa nel corpo e nello spirito; la donna sposata invece si preoccupa delle cose del mondo, come possa piacere al marito. Questo lo dico per il vostro bene: non per gettarvi un laccio, ma perché vi comportiate degnamente e restiate fedeli al Signore, senza deviazioni» (1 Cor 7,32-35).
L’apostolo non vuole indicare una scelta da intraprendere senza esitare, come quando fa riferimento al Signore: «agli sposati ordino, non io, ma il Signore: la moglie non si separi dal marito» (1 Cor 7,10). Viceversa, «agli altri dico io, non il Signore: se un fratello ha la moglie non credente e questa acconsente a rimanere con lui, non la ripudi» (1 Cor 7,12). E ancora: «riguardo alle vergini, non ho alcun comando dal Signore, ma do un consiglio, come uno che ha ottenuto misericordia dal Signore e merita fiducia» (1 Cor 7,25)
La libertà cristiana di cui si fa interprete, diventa un principio fondamentale fondato sulla sua autorità che ha richiamato per ben tre volte nello stesso tratto della lettera: «ciascuno – come il Signore gli ha assegnato – continui a vivere come era quando Dio lo ha chiamato; così dispongo in tutte le Chiese; ciascuno rimanga nella condizione in cui era quando fu chiamato; ciascuno, fratelli, rimanga davanti a Dio in quella condizione in cui era quando è stato chiamato» (1 Cor 7,17.20.24). Lo aveva espresso con chiarezza anche quando scriveva che «ciascuno riceve da Dio il proprio dono, chi in un modo, chi in un altro (1 Cor 7,7).