«Come dice la Scrittura: dal suo grembo sgorgheranno fiumi di acqua viva» (Gv 7,37-39)
Il Mantello della Giustizia – Giugno 2023
di Stefano Tarocchi – La liturgia della celebrazione della vigilia del giorno di Pentecoste usa un tratto del Vangelo secondo Giovanni estremamente breve, ma altrettanto complesso, riferito al culmine della festa delle Capanne (cf. Gv 7,2): «nell’ultimo giorno, il grande giorno della festa, Gesù, ritto in piedi, gridò: «Se qualcuno ha sete, venga a me, e beva chi crede in me. Come dice la Scrittura: dal suo grembo sgorgheranno fiumi di acqua viva».
Qui il vangelo di Giovanni enuncia un principio straordinariamente importante: l’evangelista si rivolge ai suoi lettori per dare l’interpretazione del gesto di Gesù e della Scrittura che viene invocata a riprova: «Questo egli disse dello Spirito che avrebbero ricevuto i credenti in lui: infatti non vi era ancora lo Spirito, perché Gesù non era ancora stato glorificato» (Gv 7,37-39).
Lo Spirito santo evocato dal dono dell’acqua viva – e che il vangelo paradossalmente dice che ancora non c’era – risolve un problema enorme: chi è la fonte dei fiumi di acqua viva?
Anche se per un lettore di oggi non sembra troppo difficile da capire, il testo così come l’abbiamo letto indica Gesù come la fonte dell’acqua viva.
Ma il testo greco del Vangelo può essere tradotto in un altro modo, che favorisce l’interpretazione che la fonte dell’acqua è lo stesso credente: «Se qualcuno ha sete, venga a me e beva. Chi crede in me (come dice la Scrittura), “Dal suo interno sgorgheranno fiumi di acqua viva”». Questa punteggiatura è sostenuta da Origene e dalla maggior parte dei Padri orientali.
Torniamo però all’interpretazione più comune, che risale già al II secolo, quindi poco dopo la stesura finale del Quarto Vangelo. Essa ha senz’altro una conferma nello stesso vangelo, a partire da quando Gesù dice alla donna Samaritana: «se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: “Dammi da bere!”, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva». Gli dice la donna: «Signore, non hai un secchio e il pozzo è profondo; da dove prendi dunque quest’acqua viva? Sei tu forse più grande di nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo bestiame?». Gesù le risponde: “Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna» (Gv 4,10-14).
Anche in Gv 19,34 si parla dell’acqua, che insieme al sangue, viene dal costato di Gesù trafitto dal soldato. Infine, nel libro dell’Apocalisse si legge di «un fiume d’acqua viva, limpido come cristallo, che scaturiva dal trono di Dio e dell’Agnello» (Ap 22,1).
Ma quale passo della Scrittura viene citato al v. 38? È significativo notare che le parole citate in Giovanni non rispecchiano esattamente nessun passo del testo ebraico o dei Settanta, per cui i commentatori hanno dovuto usare un certo impegno nel rintracciare passi almeno simili. L’edizione più nota del testo originale dei Vangeli inserisce a margine un significativo: “da dove?”. E richiama Isaia 43,19-20; Ezechiele 47,1-12; Gioele 4,18; Proverbi 18,4; Cantico 4,5 (alla cui lettura rimandiamo)
Durante la festa delle Capanne, le parole pronunciate da Gesù diventano come la drammatizzazione all’interno di una cerimonia solenne. In ognuna delle sette mattine precedenti la fine della festa una processione scendeva alla fonte di Gihon, sul lato sud-est della collina del tempio, quella che forniva le acque alla piscina di Siloe.
Lì un sacerdote riempiva d’acqua una brocca d’oro, mentre il coro ripeteva Is 12,3: «con gioia attingerete acqua dai pozzi della salvezza». Poi la processione saliva al Tempio attraverso la Porta dell’Acqua. La folla che accompagnava la processione portava nella mano destra un mazzo di ramoscelli di mirto e di salice, legati con una palma (una reminiscenza dei rami usati per costruire le capanne), e nella mano sinistra un limone o un cedro che serviva come segno del raccolto. Inoltre, si cantavano i salmi dell’Hallel (113-118). Quando raggiungevano l’altare degli olocausti, davanti al Tempio, tutti camminavano intorno all’altare e agitavano i ramoscelli, cantando il Salmo 118. Poi il sacerdote saliva la rampa che portava al Tempio verso l’altare per versare l’acqua in un imbuto d’argento, da cui scorreva nel terreno. Il settimo giorno si faceva per sette volte questo percorso intorno all’altare.
Le loro preghiere per l’acqua erano state esaudite in un modo che non si aspettavano; la festa che conteneva in sé la promessa del Messia si era compiuta. Zaccaria aveva predetto che da Gerusalemme sarebbero sgorgate acque vive: «in quel giorno acque vive sgorgheranno da Gerusalemme e scenderanno parte verso il mare orientale, parte verso il mare occidentale: ve ne saranno sempre, estate e inverno» (Zc 14,8). Ezechiele aveva visto un fiume sgorgare dalla roccia situata sotto il Tempio: «mi condusse poi all’ingresso del tempio e vidi che sotto la soglia del tempio usciva acqua verso oriente, poiché la facciata del tempio era verso oriente. Quell’acqua scendeva sotto il lato destro del tempio, dalla parte meridionale dell’altare» (Ez 47,1).
Secondo i commentatori, è in questo momento solenne delle cerimonie del settimo giorno che Gesù si alza nel cortile del tempio per proclamare solennemente di essere la fonte dell’acqua viva. Ma ora è Gesù che dice che questi fiumi di acqua viva sgorgheranno dal suo stesso corpo, quel corpo che è il nuovo Tempio (Gv 2,21).
Nel cammino del deserto che questa festa ricordava, Mosè aveva saziato la sete degli israeliti colpendo una roccia dalla quale faceva sgorgare fiumi di acqua viva. Ora chi ha sete non deve far altro che venire a Gesù e, credendo, avrà l’acqua della vita. Come la manna data ai loro antenati nel deserto non era il vero pane del cielo (Gv 6,32), così l’acqua della roccia era solo una prefigurazione della vera acqua della vita che sgorga dall’Agnello (cf. Ap 7,17: «l’Agnello, che sta in mezzo al trono, sarà il loro pastore e li guiderà alle fonti delle acque della vita»).
Se l’acqua è simbolo della rivelazione che Gesù dà a coloro che credono in lui, è perciò anche il simbolo dello Spirito che Gesù risorto darà, come precisa il v. 39. Al momento della sua morte Gesù consegnerà lo Spirito (Gv 19,30), così come l’acqua uscirà dal suo fianco, aperto dalla lancia del soldato (Gv 19,34). 1 Giovanni 5,7 riunisce i temi dello Spirito e del sangue e dell’acqua dal costato di Gesù: «Tre sono i testimoni: lo Spirito, l’acqua e il sangue; e questi tre sono concordi».
È appunto per questo che una lettura così evocativa viene assegnata alla liturgia della Vigilia di Pentecoste.