Gesù e il Battista nei vangeli di Matteo e Luca

Il Battista e Gesù nei vangeli di Matteo e Luca

Il Mantello della Giustizia – Gennaio 2023

di Stefano Tarocchi · Dopo aver trattato nei numeri scorsi di novembre e dicembre la figura del Battista così come è presentata all’interno dei Vangeli di Luca e di Giovanni, in questo terzo intervento vorrei prendere in considerazione due testi, che appartengono alla fonte che è comune al Vangelo di Luca e a quello di Matteo: la “fonte dei detti”, che si aggiunge al vangelo più antico: quello di Marco. Dato che si tratta di questioni estremamente complesse, farò riferimento al nome di qualche autore. 

Il Vangelo di Matteo apre una finestra su un quadro molto interessante delle relazioni fra Gesù e il Battista. Mentre quest’ultimo si trova in prigione prima della sua morte violenta ad opera di Erode, «avendo sentito parlare delle opere del Cristo, per mezzo dei suoi discepoli mandò a dirgli: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?». Gesù rispose loro: «Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo. E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!» (Mt 11,2-6).  

Non è chiaro se il Battista stesso, mentre si trova in prigione, manda degli inviati a fare quella domanda fondamentale: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?». Si tratta di un suo dubbio, nel momento in cui la morte si trova nel suo orizzonte prossimo, oppure vuole che i discepoli che manda da Gesù siano istruiti da quest’ultimo?  

La risposta di Gesù è estremamente significativa: si tratta di tutta una serie di azioni che egli compie, in cui egli compie gesti di guarigione molto evidenti, le azioni di Gesù culminano nell’annuncio del Vangelo ai poveri. Non è un caso che questi siano lo stesso oggetto di particolare attenzione nella duplice versione delle beatitudini di Matteo e Luca.  

Ma c’è un crescendo nella narrazione. Infatti, dopo la risposta di Gesù, che esige è il momento in cui Gesù svela dal suo punto di vista immagine del Battista davanti alle folle: «che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? Allora, che cosa siete andati a vedere? Un uomo vestito con abiti di lusso? Ecco, quelli che vestono abiti di lusso stanno nei palazzi dei re!  Ebbene, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, io vi dico, anzi, più che un profeta. Egli è colui del quale sta scritto: Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero, davanti a te egli preparerà la tua via» (Mt 11,7-10). 

Il Battista nell’immagine dipinta da Gesù davanti ai suoi ascoltatori il suo precursore, letteralmente colui che gli corre di dinanzi in vita e in morte. Egli è il profeta, anzi è l’unico che nella parola della Scrittura è chiamato a preparare come messaggero la via al Signore. 

Qui che sentiamo le parole più evocative del discorso di Gesù: «in verità io vi dico: fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui» (Mt 11,11). 

Ora «il più piccolo nel regno significa “chiunque si trova adesso nel regno dei Cieli”. Proprio come Mosè condusse i figli d’Israele ai confini della Terra Promessa, ma non poté entrare, così Giovanni conduce i suoi seguaci fino all’orlo del nuovo ordine iniziato da Gesù, ma non può entrare»: così i commentari (W.D. DAVIES – D.C. ALLISON). Non a caso, «il contrasto è tra due epoche, quella della preparazione, che culmina in Giovanni, e quella dell’adempimento, l’arrivo del regno dei cieli che Gesù ha ora inaugurato. Giovanni l’aveva proclamato (Mt 3,2), ma a quanto pare rimane fuori, mentre anche il meno importante di coloro che Gesù ha ora accolto nel regno dei cieli gode di un privilegio al di là di quello anche di Giovanni stesso» (così R.T. FRANCE).  

Quindi, così prosegue la predicazione di Gesù: «dai giorni di Giovanni il Battista fino ad ora, il regno dei cieli subisce violenza e i violenti se ne impadroniscono» (Mt 11,12). Nel Vangelo di Luca si legge: «la Legge e i Profeti fino a Giovanni: da allora in poi viene annunciato il regno di Dio e ognuno si sforza di entrarvi» (Lc 16,16). L’autore del III Vangelo sposta in questo contesto il detto di Matteo, che tuttavia presenta caratteristiche diverse: sembra una riscrittura del testo più oscuro di Matteo, pur nella sua maggiore fedeltà alla fonte dei detti. 

Nasce intanto un primo problema: chi sono gli irruenti, i violenti che si impadroniscono Del Regno dei cieli? Si chiedono gli interpreti: sono forse quelli che mirano a sottrarre il possesso del Regno a coloro che mi devono partecipare? O sono coloro che fanno di tutto per guadagnarselo? (GNILKA). 

C’è anche un secondo problema: Giovanni appartiene o no al regno predicato da Gesù? La risposta sembrerebbe positiva in Luca («da allora in poi») al contrario di Matteo («fino ad ora»). Ma «poiché Gesù e Giovanni erano in vita nello stesso tempo, il tempo di Gesù, il tempo del regno, non dovrebbe includere anche «i giorni di Giovanni»? Inoltre, in tutto Matteo, le attività di Giovanni e Gesù sono poste in stretto parallelismo. Ciò si spiega meglio supponendo che entrambi siano considerati appartenenti allo stesso periodo della storia della salvezza» (W.D. DAVIES – D. C. ALLISON). Gesù ha già detto che «Giovanni è più di un profeta» (Mt 11,9), e quindi egli è inserito nel tempo successivo alla legge e ai profeti. Infatti, così conclude Gesù: «tutti i Profeti e la Legge infatti hanno profetato fino a Giovanni. E, se volete comprendere, è lui quell’Elia che deve venire. Chi ha orecchi, ascolti!»  (Mt 11,13-15). In breve, dunque, il Battista è da considerarsi “il primo annunciatore del regno”. 

Non meno interessante è la conclusione di Luca, che evidenzia la distanza tra quanti, attraverso l’accoglienza delle parole e del battesimo di Giovanni, hanno saputo accogliere il disegno di Dio, che si svela in gesù, e quanti, invece, lo hanno rifiutato: «tutto il popolo che lo ascoltava, e anche i pubblicani, ricevendo il battesimo di Giovanni, hanno riconosciuto che Dio è giusto. Ma i farisei e i dottori della Legge, non facendosi battezzare da lui, hanno reso vano il disegno di Dio su di loro» (Lc 7,29-30). 

Come i Vangeli narrano gli eventi: il Battista nel Vangelo di Giovanni

Come i Vangeli narrano l’evento: il caso del Battista in Giovanni

di Stefano Tarocchi · Di recente ho inteso evidenziare come la narrazione di ogni singolo evangelista viaggia su un suo proprio binario. Quando poi a essere narrato è lo stesso evento, in questo caso il battesimo, diventa molto è importante vedere come.

Dopo il Vangelo secondo Luca, adesso vorrei affrontare la narrazione secondo Giovanni. Oltre a tutto, questo breve percorso vuole essere come una preparazione alla liturgia del giorno di Natale, che ogni anno è la memoria della nascita di Cristo.

Subito dopo il celebre prologo che apre il quarto vangelo (Gv 1,1-18) – non è una semplice introduzione al testo bensì una densa riflessione teologica –, si viene a porre in primo piano la figura di Giovanni il Battista. Fra l’altro, l’evangelista lo aveva nominato all’interno del prologo, e per ben due volte.

Una prima volta il Battista è richiamato per differenziare la sua figura da quella di Gesù: «venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce» (Gv 1,6-8).

Si scorge qui la traccia di una sottile polemica contro i discepoli del Battista, quando questi ormai era morto da tempo, per tentavano di opporlo alla figura di Cristo: la luce è il Cristo, perché solo lui è chiamato a rivelare il volto di Dio. Si riprenderà questo elemento nella prima lettera di Giovanni: «Dio è luce e in lui non c’è tenebra alcuna» (1 Gv 1,5).

D’altronde il compito di essere luce non è senza conseguenza, tenendo conto di come il Cristo è stato accolto da quanti gli si sono rivelati ostili, compreso il suo stesso popolo: «veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. Era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di lui; eppure, il mondo non lo ha riconosciuto. Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto. A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali, non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati» (Gv 1,9-13). E ancora sia aggiunge che la luce non è stata sconfitta dalle tenebre che la combattono costantemente: «in lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta» (Gv 1,4-5).

C’è inoltre un secondo passaggio nel prologo di Giovanni che va notato, anche perché costituisce il collegamento al testo che vorremmo poi mettere in luce: «Giovanni gli dà testimonianza e proclama: «Era di lui che io dissi: Colui che viene dopo di me è avanti a me, perché era prima di me». Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto: grazia su grazia. Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo. Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato» (Gv 1,15-18).

È a questo punto che l’autore del quarto Vangelo afferma con forza che Giovanni Battista è solo un testimone. Ciò diventa importante a proposito del battesimo, e del modo come l’evangelista Giovanni introduce nei fatti la testimonianza del Battista: «questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e leviti a interrogarlo: «Tu, chi sei?». Egli confessò e non negò. Confessò: «Io non sono il Cristo». Allora gli chiesero: «Chi sei, dunque? Sei tu Elia?». «Non lo sono», disse. «Sei tu il profeta?». «No», rispose. Gli dissero allora: «Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?». Rispose: «Io sono voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaia». Quelli che erano stati inviati venivano dai farisei. Essi lo interrogarono e gli dissero: «Perché dunque tu battezzi, se non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?». Giovanni rispose loro: «Io battezzo nell’acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo» (Gv 1,19-27).

C’è una frase significativa, che ci informa sulla geografia di questi avvenimenti: «questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando» (Gv 1,28).

È qui però che l’evangelista, quando racconta la prima settimana dell’attività pubblica di Gesù, offre attraverso le parole del Battista uno sguardo straordinario sulla figura e il ruolo del Cristo: «il giorno dopo, vedendo Gesù venire verso di lui, disse: «Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo! Egli è colui del quale ho detto: “Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me”. Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare nell’acqua, perché egli fosse manifestato a Israele». Giovanni testimoniò dicendo: «Ho contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui. Io non lo conoscevo, ma proprio colui che mi ha inviato a battezzare nell’acqua mi disse: “Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo”. E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio» (Gv 1,29-34).

Giovanni rinvia sempre al Cristo, indicato come colui che prende su sé ed elimina la colpa alla base di tutte le altre: «il peccato del mondo». Detto in altre parole, non accettare che Gesù è veramente uomo oltre che vero Dio.

Come i Vangeli narrano il battesimo: la versione di Luca

Come i Vangeli narrano l’evento: il caso del battesimo in Luca

 

Il Mantello della Giustizia – Novembre 2022

 

di Stefano Tarocchi · Quando un lettore attento dei Vangeli si pone davanti ad un testo non trova semplicemente ciò che lo scrittore sacro ha scritto, ma tutto quello che è alla base della sua narrazione. Un lettore attento è colui che non si contenta di ciò che ascolta in un’omelia magari preparata in fretta, ma cerca di capire meglio come quel testimone che è l’autore sacro lo coinvolge nella sua narrazione. È in questo modo che il racconto diventa testimonianza di colui che è l’oggetto reale del Vangelo: Gesù Cristo. 

Abbiamo visto recentemente come l’evangelista Luca ricostruisca nella sua narrazione gli eventi che portano all’insegnamento del Padre nostro. Oggi vogliamo brevemente descrivere come lo stesso autore abbia ricreato davanti ai suoi lettori la narrazione del battesimo di Gesù, e anche delle parole del Battista.  

Qualcosa di altrettanto originale accade anche nel Vangelo secondo Giovanni, che introduce la predicazione del Battista subito dopo il celebre prologo (Gv 1,1-18). Ma di questo parleremo una prossima volta. 

Veniamo al testo del Vangelo.  

È così che leggiamo: «nell’anno quindicesimo dell’impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea, Erode tetrarca della Galilea, e Filippo, suo fratello, tetrarca dell’Iturea e della Traconìtide, e Lisània tetrarca dell’Abilene, sotto i sommi sacerdoti Anna e Caifa, la parola di Dio venne su Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto. Egli percorse tutta la regione del Giordano, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati, com’è scritto nel libro degli oracoli del profeta Isaia: Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri! Ogni burrone sarà riempito, ogni monte e ogni colle sarà abbassato; le vie tortuose diverranno diritte e quelle impervie, spianate. Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!» (Lc 3,1-6).  

Il racconto di Luca comincia con una premessa, dove i nomi di personaggi storici importanti, a cominciare dall’imperartore fino ai sommi sacerdoti del tempo, e a tutto il sottobosco del potere, conducono a Giovanni e alla parola divina che gli ha aperto la missione di precursore. Si va dal potere umano, sempre in procinto di crollare nonostante la sua apparente forza, fino all’uomo Giovanni Battista, per sé un nulla di fronte al potere. Ma la storia da raccontare comincia da qui. 

E qui il Vangelo inserisce la predicazione di Giovanni rivolta alle folle che vanno da lui per ricevere il battesimo.  

Giovanni non parla con un linguaggio morbido e persuasivo, per assecondare quanti vuole trascinare dalla sua parte, come fanno i potenti di oggi per guadagnare consensi.  

Giovanni parla con il suo linguaggio scomodo: «diceva: «Razza di vipere, chi vi ha fatto credere di poter sfuggire all’ira imminente? Fate dunque frutti degni della conversione e non cominciate a dire fra voi: “Abbiamo Abramo per padre!”. Perché io vi dico che da queste pietre Dio può suscitare figli ad Abramo. Anzi, già la scure è posta alla radice degli alberi; perciò, ogni albero che non dà buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco». Le folle lo interrogavano: «Che cosa dobbiamo fare?». Rispondeva loro: «Chi ha due tuniche ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare faccia altrettanto». Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare e gli chiesero: «Maestro, che cosa dobbiamo fare?». Ed egli disse loro: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato». Lo interrogavano anche alcuni soldati: «E noi, che cosa dobbiamo fare?». Rispose loro: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe» (Lc 3,7-14).

Il Battista, pur avendone l’occasione, non desidera conquistare consensi a scapito dello stesso Gesù: «poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio, ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile» (Lc 3,15-17). 

È a questo punto che l’evangelista prende per mano il lettore per introdurre il battesimo di Gesù, ma sottolineando la sorte che attende il Battista il precursore: «con molte altre esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo.  Ma il tetrarca Erode, rimproverato da lui a causa di Erodìade, moglie di suo fratello, e per tutte le malvagità che aveva commesso, aggiunse alle altre anche questa: fece rinchiudere Giovanni in prigione (Lc 3,18-20). 

L’esperienza umana del Battista si conclude in quella prigione che sfocia nella sua decapitazione, quasi a dire che chi ha operato per introdurre Cristo deve scomparire a suo vantaggio.  

Solo adesso il terzo Evangelista descrive il battesimo di Gesù: «mentre tutto il popolo veniva battezzato e Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì e discese sopra di lui lo Spirito Santo in forma corporea, come una colomba» (Lc 3,21-22). 

Non c’è una ragione plausibile per accennare alla morte del Battista esattamente prima che avvenga il battesimo di Gesù. Anche nel Vangelo secondo Marco troviamo un cenno fugace, e tuttavia estremamente significativo, alla morte del Battista nel momento in cui inizia la missione pubblica del Cristo: «dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio» (Mc 1,14). L’autore anche quest’ultimo Vangelo sembra dirci che non c’è altra storia per i testimoni del Cristo, se non anticiparne la stessa sorte. 

Ma perché Luca sembra separare la predicazione del Battista dal battesimo di Gesù, che infatti viene rammentato quasi fra parentesi, e di fatto tacendo che è il Battista a compiere il gesto in cui Gesù condivide il «battesimo di conversione per la remissione dei peccati» (Mc 1,4)? 

Intanto, secondo il suo stile narrativo, l’evangelista porta il lettore dentro il personaggio raccontato, ma possiamo anche aggiungere che all’epoca nella quale nasce questo Vangelo si avvertiva come “scomodo” il fatto che Gesù avesse voluto condividere la sorte degli uomini fino in fondo.  

Luca desidera perciò mettere in luce la coerenza del Battista con la sua missione: non è necessario dire che è lui a battezzare Gesù – cosa che nessuno dimentica – ma è importante dire che quelle parole scomode che Giovanni rivolge a chi lo ascolta, egli le ha vissute fino in fondo.  

Una coerenza rara quanto preziosa anche per l’oggi della comunità umana e cristiana. 

Il «Padre Nostro» nel Vangelo secondo Luca 

Dalla Galilea a Gerusalemme: il «Padre Nostro» nel Vangelo di Luca 

Il Mantello della Giustizia – Ottobre  2022

 

di Stefano Tarocchi · Nel Vangelo secondo Luca c’è una sezione importante, quella in cui l’evangelista racconta il viaggio di Gesù verso Gerusalemme e la passione (Lc 9,51-19,27: cf. Lc 9,51-52: «mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato elevato in alto, egli prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme e mandò messaggeri davanti a sé. Questi si incamminarono ed entrarono in un villaggio di Samaritani per preparargli l’ingresso»). Con quell’espressione («elevato in alto»), l’evangelista non vuole parlare solo della futura ascensione al cielo di Gesù (cf. At 1,2.11.22), ma anche della sua passione, e dello stesso viaggio a Gerusalemme, che fra l’altro comportava la salita di un dislivello di oltre mille metri. 

 Luca espande i cinquantasei versetti del capitolo 10 di Marco, il primo a raccontare nel suo vangelo il viaggio di Gesù: «partito di là, venne nella regione della Giudea e al di là del fiume Giordano. La folla accorse di nuovo a lui e di nuovo egli insegnava loro, come era solito fare» (Mc 10,1).  

I due capitoli paralleli di Matteo (Mt 19,1-20,34) hanno lo stesso contenuto: «terminati questi discorsi, Gesù lasciò la Galilea e andò nella regione della Giudea, al di là del Giordano» (Mt 19,1).  

Ne risulta che i tre vangeli Sinottici descrivono il ministero di Gesù seguendo un percorso identico che muove dal nord (la Galilea), al sud (la Giudea e Gerusalemme, attraverso la valle del Giordano): così Gesù sale a Gerusalemme da Gerico.  

Si è così portati a pensare, seguendo i dati forniti dai primi tre Vangeli, che la durata complessiva del ministero di Gesù si riduca ad un anno scarso, per la menzione di una sola Pasqua e l’assenza di altre annotazioni cronologiche.  

È però vero che nel Vangelo di Marco si trovano due riferimenti alla stagione primaverile, cioè quando cade la Pasqua, durante l’attività di Gesù in Galilea: il momento in cui «Gesù passava fra campi di grano e i suoi discepoli, mentre camminavano, si misero a cogliere le spighe» (Mc 2,23), e poi quando Gesù prima di moltiplicare dei pani e i pesci «ordinò loro di fare sedere tutti, a gruppi, sull’erba verde» (Mc 6,39).  

Leggendo il Vangelo di Giovanni, che ricorda tre feste di Pasqua, potremmo parlare di un ministero durato almeno di due anni, più un mese o due. Lo stesso Vangelo permette di ricostruire più viaggi a Gerusalemme, anche da strade diverse.  

Quindi, almeno una seconda Pasqua va aggiunta all’unica che è rammentata: quella della passione e della risurrezione di Gesù, avvenuta un sabato dell’aprile dell’anno 30. 

Qui vorrei però aggiungere un nuovo tassello a questa riflessione, prendendo ancora spunto dal Vangelo di Luca: «mentre erano in cammino, entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò. Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. Marta invece era distolta per i molti servizi. Allora si fece avanti e disse: «Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». Ma il Signore le rispose: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta» (Lc 10,38-42). 

Il villaggio di cui si parla è Betania, situato nei pressi di Gerusalemme, di cui si fa cenno anche in Lc 24,50, nel giorno della Risurrezione.  

Abbiamo notizie di Betania anche dal quarto Vangelo: «un certo Lazzaro di Betania, il villaggio di Maria e di Marta sua sorella, era malato» (Gv 11,1). Perché «Betania distava da Gerusalemme circa quindici stadi meno di tre chilometri» (Gv 11,18).  

Il Vangelo di Marco racconta di un andirivieni di Gesù e i discepoli tra Betania e Gerusalemme, nei giorni avanti la passione: Gesù «entrò a Gerusalemme, nel tempio. E dopo aver guardato ogni cosa attorno, essendo ormai l’ora tarda, uscì con i Dodici verso Betania. La mattina seguente, mentre uscivano da Betania, ebbe fame» (Mc 11,11-12).  

Lo stesso evangelista racconta anche del l’albero di fico, che è pieno di foglie ma non ha frutti.  

È vero che siamo fuori stagione, ma Gesù impedisce all’albero di fico di averne in futuro (Mc 11,13-14): una metafora del vicino tempio, che della preghiera ha solo l’apparenza? 

Qui arriviamo al Padre Nostro, così come ci viene raccontato dal Vangelo di Luca: «Gesù si trovava in un luogo a pregare; quando ebbe finito, uno dei suoi discepoli gli disse: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli» (Lc 11,1). Infatti, Luca così annota: «i discepoli di Giovanni digiunano spesso e fanno preghiere, così pure i discepoli dei farisei» (Lc 5,33).

Il luogo dove Gesù pregava doveva trovarsi sulla strada da Betfage (in aramaico, per l’appunto, “casa dei fichi verdi”) a Gerusalemme, non lontano da Betania.  

Ora, a Gerusalemme sul Monte degli ulivi, proprio dove si trova il giardino del monastero del Pater Noster sembra sorgesse la basilica costantiniana dell’Eleona (oliveto in greco), il primo edificio sacro costruito sull’altura posta di fronte alla città santa. 

Questo elemento architettonico pone almeno alcune domande: se, a differenza di Matteo, che riporta il Padre Nostro nel discorso della montagna (Mt 5,1-7,29), in Galilea, e Luca lo colloca nella sua versione più breve e (probabilmente) più antica, durante il viaggio a Gerusalemme.  

Per questa ragione non deve essere casuale il contatto con il villaggio di Betania.

Vengono così a comporsi davanti a noi due orizzonti completamente diversi, che tuttavia si completano a vicenda. Matteo e Luca li ricavano dalla cosiddetta fonte dei detti, un’ampia raccolta degli insegnamenti di Gesù, che i due evangelisti utilizzano in maniera indipendente l’uno dall’altro.  

Qui assume un ruolo speciale Gerusalemme, che l’evangelista Luca lascia sullo sfondo della sua narrazione, sebbene si trovi a pochi chilometri di distanza, in uno dei viaggi che Gesù ha intrapreso verso la città santa. 

A ricordarlo a chi percorre a piedi quelle terre è pur sempre rimasto il santuario del Padre Nostro, in cima al Monte degli Ulivi.