Il Mantello della Giustizia, Febbraio 2019
«Sul luogo dell’ecclesiologia»
di Stefano Tarocchi • «Se in Gesù crocifisso e risorto si trova la piena manifestazione della Fides qua e della Fides quae allora – scrive Alessandro Clemenzia, docente di ecclesiologia alla Facoltà Teologica dell’Italia Centrale, e collaboratore del Mantello della Giustizia – non si può scendere il credere deum da un contesto comunitario e dunque da un orizzonte interpretativo ecclesiale» (Sul luogo dell’ecclesiologia, p. 32).
Se c’è un tempo per ogni cosa questo è il tempo di concludere ed approfondire il percorso iniziato dal Concilio Vaticano secondo sulla spinta del rinnovamento teologico In quel kairòs che oggi è il magistero di Papa Francesco.
A proposito di questi, Clemenzia utilizza l’interessante metafora del poliedro, coniata dall’attuale pontefice. Troviamo questa espressione icastica in Evangelii gaudium (236), a proposito della comunità ecclesiale. Nell’ordine dei «quattro principi che orientano specificamente lo sviluppo della convivenza sociale e la costruzione di un popolo in cui le differenze si armonizzino all’interno di un progetto comune» (Evangelii gaudium 221), scrive il papa che «il modello non è la sfera che non è superiore alle parti, dove ogni punto è equidistante dal centro e non vi sono differenze tra un punto all’altro. Il modello è il poliedro che riflette la confluenza di tutte le parzialità che in esso mantengono la loro originalità».
Come si esprime ancora Francesco in un discorso del luglio 2015: se «il poliedro riflette la confluenza di tutte le parti che in esso mantengono la loro originalità», questi sono i carismi: «nell’unita ma nelle proprie diversità. Unità nella diversità».
Ora, ciò che preme ad Alessandro Clemenzia a sviluppare in questi sette densi capitoli che compongono il suo volume (Sul luogo dell’ecclesiologia. Questioni epistemologiche, Città Nuova, Roma 2018) è esattamente la Chiesa come luogo, sulla scia di maestri di rilievo ma anche con un linguaggio di originalità creativa. Dall’Intelligenza della fede al Metodo, dall’Ontologia relazionale e trinitaria – Spirito santo – al Principio di individuazione, dal Linguaggio e l’Ermeneutica e dalla Comunicazione ed Ecclesiogenesi al “luogo” della Chiesa, Clemenzia riassume questioni complesse con padronanza elegante, sempre attenta alle fonti che compongono la riflessione sulla Chiesa.
Dio è trinitariamente uno nello Spirito, vinculum unitatis (p. 62): qui si apre la strada a quella pericoresi che Gregorio di Nazianzo utilizza in chiave cristologica e Giovanni Damasceno nelle relazioni intradivine, dove viene situata dalla teologia tradizionale.
Sta tutto nel rapporto tra il mistero pasquale di Cristo e il mistero trinitario del Dio Uni-trino la chiave per riappropriarsi del senso dell’ecclesiologia. È infine da approfondire il ruolo (e il luogo) dello Spirito nel (ri)creare quelle relazioni reali intra ed extra ecclesiali che sembrano essere l’ultimo orizzonte dei tempi che la Provvidenza ci assegna per la nostra vita.
Peraltro, non va mai dimenticato che dum ea Romani parant consultantque, iam Saguntum summa vi oppugnabatur (Tito Livio, XXI, 7, 1), ossia in altre parole, mentre si approfondiscono tematiche di sommo interesse, c’è il rischio di dimenticare che la realtà supera infinitamente il nostro modo di rappresentarla (cf. Evangelii Gaudium 231: «la realtà è superiore all’idea»).